Luigi Cafiero
Luigi Cafiero
Luigi Cafiero (Archivio A.N.P.I. di San Maurizio Canavese)
CAFIERO Luigi, nome di battaglia "Gino".
Era uno studente, nato a Cagliari il 28 febbraio 1922.
Prestava servizio all’aeroporto di Caselle torinese come aviere scelto marconista.
Non era un pilota, dunque, e si occupava delle radio comunicazioni.
“In seguito allo sbandamento dell’8 settembre 1943 - ricorda Piera Aimone - si rifugiò in casa di mio padre, in frazione Malanghero di San Maurizio, dato che conoscevamo in precedenza il Cafiero che più volte, durante la libera uscita, si recava da noi.
Pur rimanendo al Malanghero, si iscrisse subito nelle formazioni partigiane, prima come Garibaldino, poi nelle formazioni Autonome militari e per ultimo faceva parte dell’VIII Divisione “Vall’Orco”, XXIX Brigata di cui era vice comandante”.
Operò sempre attivamente con il gruppo dei partigiani della frazione Malanghero, che si occupava della sussistenza della formazione partigiana canavesana. Fino alla seconda metà della gennaio 1945.
Il suo compagno Salvatore Vasta detto “Libero” ricorda il momento della cattura da parte degli parà del Battaglione “Nembo”.
“Venni ancora fermato in un rastrellamento il 20 gennaio del 1945 al Malanghero, con i due Fontana, Cafiero, Devietti padre e figlio e altri compagni.
Inizialmente incominciarono la conta per la decimazione, ma poi ci portarono alle scuole del capoluogo e, dopo una serie di maltrattamenti, ci lasciarono andare ad eccezione di Cafiero, che, trovato armato, venne poi fucilato a Caselle”.
Morì fucilato dai parà a Caselle Torinese il 1 febbraio 1945 con altri quattro partigiani. Antonio Garbolino, Andrea Mensa, Adolfo Praiotto e Mario Tamietti.
Era la rappresaglia in stile tedesco per l'uccisione del loro camerata De Paoli avvenuta la sera del 30 gennaio lungo la strada che da Borgaro conduce a Torino.
(fb)
Bruno Tuscano
Bruno Tuscano
Nasce il 20 marzo 1920 a Palizzi Marina, in provincia di Reggio Calabria.
Dopo gli studi magistrali, frequenta la facoltà di Giurisprudenza presso l'Università di Messina.
Appassionato di teatro e di fotografia, si iscrive al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma.
Chiamato alle armi nel 1942, partecipa al Corso Allievi Ufficiali di Complemento a Ceva, ma non riesce a completarlo a causa di una frattura.
Promosso sergente, diventa istruttore a Fossano.
All'8 settembre 1943, nel piacentino, è preso prigioniero dai tedeschi, ma riesce a fuggire prima di essere internato in Germania e si rifugia a Ceva, dove beneficia della solidarietà di alcune famiglie con cui aveva stretto amicizia in precedenza.
L' unico desiderio di Bruno è quello di poter riabbracciare gli adorati genitori, così, quando nel dicembre '43 apprende che il nuovo prefetto di Cuneo è Paolo Quarantotto, conosciuto in epoca giovanile, abbandona il rifugio cebano e affida la sua sorte all'ex federale di Reggio Calabria, che lo impiega presso la federazione repubblicana cuneese.
Tuscano non tarda a capire di aver fatto una scelta sbagliata e si adopera ad aiutare segretamente i partigiani cebani.
A giugno 1944, quando sta per essere scoperto, aiutato dalla famiglia Alessi abbandona Cuneo, portandosi dietro importanti carte della federazione fascista ed entra volontario nelle file partigiane della 2a Divisione "Garibaldi" in Val di Lanzo.
Nell’estate del 1944 partecipa a importanti azioni di guerriglia a Ceresole Reale e al Col della Crocetta.
Per l'ardimento dimostrato viene nominato dapprima Ufficiale istruttore, poi Capo di Stato Maggiore della 20a Brigata intitolata a Paolo Braccini, continuando a dar prova delle migliori virtù di comandante e di combattente partigiano.
Sopravvenuti i forti rastrellamenti del settembre '44 si reca in Francia alla testa dei suoi uomini, e in tutta quella dolorosa vicenda sa rincuorare i compagni, che da lunghi giorni affrontano i più duri disagi.
Rientrato in Italia, nell’ottobre 1944 – seguendo i suoi ideali - si adopera alla costituzione della Colonna Giustizia e Libertà "Renzo Giua", l’unica formazione di matrice azionista presente nelle Valli di Lanzo e dislocata in Val Grande.
Sotto la sua guida, il piccolo gruppo partigiano, stimato e benvoluto dalla popolazione, contribuisce alla difesa della Valle e organizza alcune missioni in Francia presso il Comando Alleato a Val d'Isére.
Purtroppo, nel corso di un altro pesante rastrellamento nazifascista avvenuto nel gennaio 1945, buona parte della Colonna G.L. comandata dal tenente Tuscano viene catturata nei pressi di Vonzo, una frazione di Chialamberto, dai parà del Battaglione "Nembo" di stanza a S. Maurizio Canavese.
Il tenente Bruno si assume ogni responsabilità, scagionando i propri compagni, che patiscono il carcere e qualcuno anche il campo di concentramento, ma si salvano tutti grazie all’impagabile gesto del loro comandante.
Per lui, invece, non c’è scampo.
I paracadutisti “repubblichini” lo processano e lo condannano alla fucilazione.
Il 24 gennaio 1945 Bruno, dopo aver scritto una commovente lettera agli adorati genitori, muore da eroe presso il cimitero, gridando “Viva l’Italia libera !”.
Nel 2005 il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi lo ha insignito della Medaglia d’Oro al Valor Civile alla memoria.
La storia di Bruno e quella dei suoi compagni é raccontata nel libro: I ragazzi che volarono l'aquilone. Indagine su una formazione partigiana, Araba Fenice edizioni, Boves (CN).
(Note biografiche a cura di Franco Brunetta)
S. Maurizio 24 - 1 - 45 ore 15
Adorati genitori.
Quando leggerete la presente io non sarò più.
Un'ineluttabile fato mi vieta di rivedervi e riabbracciarvi prima di morire : questo era il mio più grande desiderio prima di morire.
Non tremo davanti alla morte, in queste ultime ore pregherò per voi come sempre ho fatto.
Vi conforti il pensiero del figlio per cui vi sacrificaste tanto e che mai è venuto meno ai suoi doveri di uomo onesto.
Vi giuro davanti a Dio che mai ho compiuto un assassinio ed ho agito, più che mi è stato possibile , nella rettitudine del cittadino, nell'onestà del lavoratore.
Ho aiutato quanti ho potuto .
Dio sia buono con voi eletti genitori.
Non vi potrò dare l'aiuto che ambivo ora che potevo cominciare a lavorare con voi.
Dall'alto pregherò per voi , per te adorata santa mamma , per te , babbo che vecchio e inabile al lavoro sovente hai guardato in me colui che sarebbe stato il tuo aiuto e la consolazione per la tua vecchiaia.
Rendo Dio testimone di quanto ho detto in queste ultime ore della mia vita.
Non imprecate contro gli uomini.
Errare è umano.
Il fato ha così voluto.
Vi abbraccio
figlio Bruno
San Maurizio Canavese - La lapide alla Chiesa Vecchia che ricorda il sacrificio di Bruno Tuscano
e dei fratelli Luigi e Pietro Pagliero (Foto di Franco Brunetta)